Festa delle donne: come siamo tutti femministi quest’oggi.
Festa delle donne=mimose.
Cominciamo da questo primo assunto. Mi ricordo quando a Torino facevo ancora l’errore di uscire per le strade in questo magnifico giorno e mi illudevo di uscire indenne dai venditori ambulanti. In via Garibaldi via libera alle sgomitate selvagge per tentare di riaffermarti prima di tutto come individuo che NON VUOLE MIMOSE. –con questa musica di sottofondo–
Sì, perché quando è San Valentino vieni assalita dalle rose –che non comprerai, che non ti compreranno, che vorresti alla fine ti comprassero, che se te le comprano poi fai la progressista incazzata–
Quando è la festa delle donne il fiore cambia ed eccoti con mille pallini gialli su per il naso.
Festa delle donne: quanto veramente conosciamo di questa storia?
Ogni 8 marzo di ogni anno, ciclicamente come tutto ciò che riguarda noi del sesso debole –argh– ci si sente in dovere di recuperare le origini dure e pure dell’intera faccenda. Come, non sai la fonte storica con tanto di citazione di nomi, anno di pubblicazione, luogo di nascita e codice fiscale?
Non sei una femminista. Non sei una donna. Non sei niente.
Sei solo una che vuole beccarsi la gloria di una festa al servizio del consumismo. Tra te e Trump non c’è alcuna differenza –no, neppure nei capelli–
Festa delle donne: a me però piace non poco ricevere i fiori.
OK.
L’ho detto.
Sono poco informata (ammetto di non conoscere i minimi particolari di quell’incendio, ma sono certa che sia stata colpa di un uomo, per l’esattezza di un maggiordomo).
Sono poco engagée (parola francese per definire una persona profondamente impegnata nelle lotte per gli ideali). Non ho ideali, così come non ho un ferro da stiro o una piastra per capelli).
Lo so: oggi siamo tutte piene di tante belle cose. Alcune persino scioperano
–vorrei esser abbastanza convinta della causa da dire a voce alta “oggi non lavoro in nome di tutte noi”, ma ci crederei così poco che mi uscirebbe fuori “oggi non lavoro perché ho una scusa buona e che fa pure figa–
Ho scritto un post esordendo col mio fastidio nel vedere fiori ovunque sotto i portici di Torino. E lo concludo miseramente, tornando indietro nel tempo all’epoca in cui era usanza comune pensare ad una donna come ad un essere fragile tipo soprammobile.
Concludo con un
Datemi una cazzo di mimosa. Sono i miei fiori preferiti.
Autore: Simonetta Spissu
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